Chiara Giubellini
Intendiamo qui proseguire una tematica precedentemente affrontata in un post del 16 gennaio 2024, ma che veniva solo accennata in uno stile di cronaca.
In Freud and Psychoanalysis (1961/1989), Jung prende in esame la teoria sessuale di Freud e la confuta, sostenendo che sarebbe ingannevole pensare che i due istinti (quello del nutrimento e quello sessuale) possano coesistere nel bambino. Jung trova infatti la loro coesistenza nel bambino infondata, in quanto proiezione della psicologia dell’adulto nella psiche del bambino (Jung 1961/1989, para.241, p.107). Jung non ritiene possibile neanche valutare i due istinti separatamente nel bambino, in cui uno dei due sistemi istintuali non è affatto sviluppato, se non piuttosto rudimentale (ibidem). Il padre fondatore della Psicologia Analitica prosegue il discorso, sostenendo che il bambino potrebbe presentare una sessualità incentrata sul proprio corpo, e non tanto sulla funzione genitale o verso l’altro sesso, pertanto il bambino può facilmente essere omosessuale (ivi, para.243, p.108). La fase sessuale monomorfica, che segue quella polimorfa perversa del bambino, è composta da varie componenti: componente omo ed eterosessuale, poi la componente autoerotica e le varie zone eterogene (ivi, para. 246, p.108). Jung fa riferimento alla legge di conservazione dell’energia nel tentativo di fornire un ordine alle relazioni tra forze che non sono altro che manifestazioni della stessa energia. (ivi, para. 246, p.109). L’aumento di una forza determina quindi il ridursi di un’altra per mantenere l’equilibrio. Jung adatta tale principio al caso clinico di un giovane adulto, ma i termini adoperati destano un certo sconcerto, se letti nella nostra contemporaneità:
«un giovane uomo ebbe una fase omosessuale che durò qualche anno… questa condizione abnorme gradualmente cambiò …. e i suoi interessi erotici divennero sempre più normali» (ivi, para.247, p.109).
Sebbene la sostanza del Volume 4 delle Opere di Jung sia un’altra, ossia quella di delineare i punti di distacco da Freud che fungono da preludio di una loro poi effettiva rottura, ai fini della nostra discussione possiamo dirigere intenzionalmente la nostra attenzione ai termini usati, quali “abnorme” e “sempre più normali” (ibidem). Non solo, sorge spontaneo rammentare le lungimiranti parole di James Hillman: « Venti o trent’anni di terapia hanno relegato le persone più sensibili e più intelligenti della nostra società nel culto dell’infanzia» (1993, p.15).
Certamente il contesto storico è imprescindibile dalla comprensione del linguaggio usato. Il paragrafo menzionato sopra (Jung 1961/1989, para.247, p.109) è stato scritto nel 1912, data che precede di molto la diffusione del DSM, la cui prima versione risale al 1952. Dal 1952 al 17 maggio 1990, il termine omosessualità compariva nel manuale diagnostico dei disordini mentali (DSM); nel 1973 si assistette al primo tentativo di derubricare il termine dalla bibbia della psichiatria, con esito favorevole solo dopo 17 anni. Nel 1987 viene rimossa la categoria diagnostica “omosessualità ego-distonica” dal DSM. Tiriamo qui un sospiro di sollievo? .. forse è ancora presto!
Nelle ultime edizioni del manuale diagnostico dei disturbi mentali, notiamo la voce «disforia di genere» [DSM-5 codice 302.85, (F64.9)] anche se si colgono sfumature di una maggiore sensibilità nell’uso delle parole adoperate. Per esempio, nella parte introduttiva del capitolo «disforia di genere», gli autori specificano che «non tutti gli individui, in cui il genere esperito differisce da quello assegnato, presentano una forma di distress» (DSM-5, p.451). Una sottolineatura non certo secondaria per un manuale di uso internazionale e che risalta la categoria rispetto le differenze individuali in sé. Inoltre gli autori specificano che il termine «disforia di genere» si focalizza sulla disforia come problema clinico, non tanto sull’identità in sé (ibidem). Rimangono aperte però alcune domande: se così è (ibidem), allora perché sentire l’esigenza di creare una categoria ad hoc, «disforia di genere» così come «disordine disforico premestruale», e non per esempio una categoria «disforia». Altro quesito: il termine «disforia» indica un sintomo, quindi un tratto caratteristico di certi disturbi; perché indicare un sintomo come nome caratterizzante una categoria di disordini, alla stessa stregua dei disturbi dell’umore, dissociativi etc? Nell’ultima versione del DSM pubblicato a marzo 2022, DSM-5-TR- anno 2023 per l'edizione italiana- sono stati effettuati ulteriori aggiornamenti significativi ai termini adoperati per descrivere tale disforia. “Genere esperito” ha sostituito “genere desiderato”, così come “procedura medica di affermazione del genere” ha sostituito “procedura medica per il cambio di sesso”.
È indubbio che l’American Psychiatric Association abbia nel tempo rivisitato i termini usati nel DSM, mostrando quasi un maggiore tatto rispetto ai termini adoperati nelle edizioni precedenti; in ogni modo, rimane ancora molto da valutare e rivedere.
Ulteriori rimodulazioni terminologiche sarebbero forse necessarie anche in alcuni testi junghiani. Come accennato in precedenza, il contesto storico si riflette nell’uso del linguaggio, anche se le parole adoperate da Jung non possono essere sempre ridotte e/o giustificate in modo semplicistico sulla base del contesto storico dell’epoca. Jung: uno psichiatra svizzero, figlio di un teologo e pastore protestante. Mi discosto comunque anche dal pregiudicare Jung come omofobo, non solo perché del suo approccio ne ho fatto motivo di formazione personale ma anche perché consapevole di quanto sottolineato da Edward F. Edinger:
«…i termini del pensiero junghiano non si presentano ad una definizione univoca, ma sono plurivoci-spesso duplici- e contraddittori, tuttavia non perché il loro autore fosse confuso, ma soprattutto per il fatto che la natura stessa dell’esperienza psichica di Jung gli impediva di accettare definizioni univoche.» (Edinger 1985/2008, p.21)
Lo spazio rimane aperto alle riflessioni individuali…
BIBLIOGRAFIA
- American Psychiatric Association (2013), Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, DSM-5. https://amzn.to/3SxsG3M
- American Psychiatric Association (2023), DSM-5-TR. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Text revision. A cura di Nicolò G., Pompili E. https://amzn.to/3HVgK6S
- Edinger E,F (1985/2008), Anatomia della psiche, La Biblioteca di Vivarium, Milano. https://amzn.to/3T2ro2l
- Hillman J (1993), 100 Anni di Psicoterapia e il mondo va sempre peggio, Garzanti Editore. https://amzn.to/488gFHH
- Jung C.G (1961/1989), Freud and Psychoanalysis, Bollingen Foundation, NY.
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